Tuesday, December 6, 2011

Italia, fra ricchi e poveri un abisso


L’Ocse (Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico) fa una fotografia dell’Italia in questo scorcio di terzo millennio e nella pellicola la prima cosa che rimane impressa è la crescente disuguaglianza dei redditi: troppo divario fra ricchi e poveri. E questo non è tutto, dallo studio dell’organizzazione emerge anche che nel nostro Bel Paese si registra anche un preoccupante ritorno alle “caste”.
Pare, infatti, che in tempi di crisi, i romantici matrimoni “d’amore” perdano terreno e lasciano spazio a nozze più “convenienti”. Ci si guarda intorno e si sceglie un partner che abbia un reddito (se non più alto), almeno simile al nostro. Così accade che i professori sposano i professori, i medici convolano a nozze con altri medici e così via. In breve, ricchi e benestanti cercano sempre più loro pari, riducendo, di fatto, la mobilità sociale del matrimonio che diventa uno strumento di polarizzazione del reddito. Va da sé, che questo contribuisce, e non poco, all’incremento del divario fra ricchi e poveri.
Dal rapporto su crisi e disuguaglianze economiche scopriamo che negli ultimi decenni il divario dei redditi è cresciuto a dismisura al punto che l’Italia, tra i trentaquattro Paesi aderenti all'Organizzazione, occupa l'ottavo per il divario dei redditi tra le persone in età lavorativa. E come se ciò non bastasse, si trova addirittura al quinto per l'allargamento del gap tra la metà degli anni 80 fino alla fine del 2000 circa. In parole più semplici, nella nostra Penisola lo stipendio medio del 10% più ricco è circa dieci volte superiore a quello del 10% più povero (49.300 euro contro 4.877). Inoltre, la quota di reddito nazionale complessivo detenuta dall'1% più ricco è passata dal 7 al 10% negli ultimi venti anni.
Sono aumentati i redditi da lavoro autonomo e diminuiti quelli da lavoro dipendente. Ma di questo ci eravamo accorti anche senza essere eruditi dall’Ocse che motiva tale disparità con l’aumento della differenza tra le ore di lavoro dei dipendenti meglio e peggio retribuiti. Infatti, spiega l’organizzazione, dalla metà degli anni ‘80 il numero annuale di ore di lavoro dei lavoratori dipendenti meno pagati è diminuito, passando da 1580 a 1440 ore; anche quello dei lavoratori meglio pagati è diminuito, ma in minor misura, passando da 2170 a 2080 ore.
Insomma, senza tirarla troppo per le lunghe, di là dei numeri e dati statistici, una cosa risulta essere molto chiara: i ricchi, crisi o non crisi, diventano sempre più ricchi e i poveri sempre più disperati. Questo è l’unico vero dato inconfutabile, se non altro perché lo sperimentiamo ogni giorno sulla nostra pelle.


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