Tuesday, November 29, 2011

Cerchi lavoro? Porta il tuo curriculum ad un'azienda di immigrati


Dobbiamo imparare a vivere insieme come fratelli

o periremo insieme come stolti.

Martin Luther King


Nuova tendenza che annienta i luoghi comuni: gli stranieri non ci portano via il lavoro, ce lo creano.
In base all' indagine del Consiglio nazionale dell'Economia e del Lavoro (Cnel) intitolata “Il profilo nazionale degli immigrati imprenditori in Italia” ecco l'identikit dello straniero tipo che fa impresa. E' un uomo giovane (40 anni), che ha più figli rispetto al collega italiano. Si è formato nel suo Paese con risultati abbastanza buoni poi, a causa delle cattive condizioni economiche, ci ha raggiunto in Italia. Questo all'incirca attorno ai 25 anni.

Per questi pionieri, i fattori di stimolo fondamentali, di quelli che fanno la differenza, sono il forte desiderio di riscatto sociale, la voglia di crescere e l'ambizione di indipendenza, al di là di quelli che possono essere gli introiti. In sostanza si sfida il passaparola e si vince grazie agli ottimi rapporti con clienti e fornitori anche italiani, si punta sulla reputazione legata alla qualità del prodotto.

Quindi un'azienda che vince, assume... e assume in prevalenza italiani perchè considera il rapporto con essi più importante rispetto a quello con i connazionali.

La media di assunzione da parte di immigrati è davvero altissima: un dipendente italiano ogni due imprese di immigrati attive. La percentuale più alta di aziende straniere nel nostro Paese, 27,16%, è proprio al Nord in provincia di Prato.

Ma perchè proprio in Italia?

Semplice. Rispetto al resto d'Europa, qui c'è una maggior diffusione della piccola e piccolissima impresa, ma c'è anche un deficit da parte delle imprese italiane che non possono più contare sul ricambio generazionale a causa della scarsa motivazione dei figli.

Quindi via all'integrazione che ci aiuta ad uscire dalla crisi, perchè una mano lava l'altra.

Io ti faccio lavorare... in cambio tu mi dai il diritto di voto e la possibilità di usufruire della pensione se dovessi decidere di tornare a vivere nel mio Paese d' origine.” Uno scambio equo, insomma.


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