Monday, November 28, 2011

La sentenza della Corte di Giustizia europea: la legge sulla responsabilità civile dei magistrati tutela poco i cittadini


La Corte di
giustizia europea ha stabilito con sentenza ( causa C-379/10 24 novembre) che
la legge 13 aprile 1988, n.117 sulla
responsabilità civile dei magistrati è
contraria al diritto dell’Unione.
La stessa legge per i danni arrecati ai singoli a seguito di
violazione del diritto medesimo tutela di fatto poco i cittadini limitando la
responsabilità dello Stato e dei magistrati
ai soli casi di dolo o di colpa
grave.
Il diritto dell’Unione impone infatti
agli Stati membri di risarcire i danni arrecati ai singoli a seguito di
violazioni del diritto dell’Unione ad essi imputabili, a prescindere
dall’organo da cui tale danno sia scaturito principio che trova altresì applicazione
nel caso in cui la violazione sia commessa dal potere giudiziario.
E’ inammissibile che nel caso in cui un magistrato interpreti “erroneamente” una legge e non c’è
“dolo o colpa grave”, nessuno indennizzo
può essere chiesto perché la
responsabilità non può essere attribuita ne al magistrato ne allo Stato che lo
rappresenta.
Pertanto la legge sulla responsabilità dei giudici è contraria al
principio generale di responsabilità degli Stati membri per violazione del
diritto dell’Unione da parte di un organo giurisdizionale di ultimo grado.
Essa, secondo la Corte europea, tutela poco i cittadini soprattutto in relazione ad alcuni importanti diritti protetti dalla legislazione europea legati alla attività sul luogo di lavoro o
alla concorrenza tra imprese.
In realtà la Corte ha già avuto modo di affermare in pronunce
precedenti che il diritto dell’Unione contrasta
qualsiasi esclusione generale della responsabilità dello Stato per i
danni arrecati ai singoli a seguito di una violazione del diritto dell’Unione
imputabile a un organo giurisdizionale di ultimo grado qualora tale violazione
risulti dall’interpretazione di norme di diritto o dalla valutazione di fatti e
di prove operata dall’organo medesimo.
Lo Stato membro è tenuto quindi al risarcimento dei danni arrecati ai singoli
per violazione del diritto dell’Unione da parte dei propri organi in presenza
di tre condizioni: la norma giuridica violata dev’essere preordinata a
conferire diritti ai singoli, la violazione dev’essere sufficientemente
caratterizzata e tra la violazione dell’obbligo incombente allo Stato e il
danno subìto dal soggetto leso deve sussistere un nesso causale diretto.

La sentenza (causa C-379/10) che ha preso il via da una procedura
d’infrazione promossa dalla Commissione europea comporta da oggi in poi una
disapplicazione della normativa interna da parte dei giudici nazionali, impone
al legislatore italiano di mettere mano alla legge n. 117 che dovrà essere
modificata: la mancata esecuzione della sentenza potrebbe causare un nuovo
ricorso della Commissione con l’applicazione di una sanzione pecuniaria
all’Italia.
La nuova legge, quindi, stando alle
indicazione di Lussemburgo, dovrà prevedere un
risarcimento per violazione del diritto Ue da parte degli organi
giurisdizionali anche nei casi di errori di interpretazione o dovuti alla
valutazione dei fatti e delle prove. Sembra essere richiesto anche l’ eliminazione del limite soggettivo fissato nella legge n.
117/88 che oggi impone la dimostrazione del dolo e della colpa grave a carico
di chi avvia l’azione di risarcimento.
Una condizione questa, prevista dalla legge
italiana, che fa scattare l’azione di responsabilità solo in caso di
intenzionalità della violazione, con una consequente restrizione dell’ambito di
applicazione della responsabilità extracontrattuale.
La Corte, precisa invece sussiste in tutti i
casi di diritti attribuiti ai singoli e di violazione manifesta del diritto
comunitario.

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