E' un pezzo molto toccante, le condizioni sono reali e a tratti è difficile immaginare che nell'Italia del 2011 ci siano ancora certe condizioni di degrado.
Due notizie recenti possono sconvolgere gli uomini e le donne di buona volontà, ovunque li raggiungano queste parole: il 44% dei bambini di una regione italiana, la mia, “appartiene a famiglie prive dei livelli essenziali per una vita accettabile”. Poveri. Lo rivela oggi l’Associazione Save the Children. E’ un dato sconvolgente per molti di noi. Bimbi poveri. Significa avere poco, avere nulla. Vestiti, giocattoli, libri, cibo. A volte in modo assolutamente inconsapevole. Significa, spesso, avere fame. Io li vedo i volti di questi bimbi, quando giocano, e, vi posso assicurare, sono felici, felici e ignari. Ma vedo anche i volti delle mamme e la loro disperazione mi arriva per intero addosso con la stessa forza della valanga d’acqua che si abbatte in un nubifragio. Non in un paese del Terzo Mondo dunque, ma qua, proprio sotto il mio naso, sotto il vostro. Lo sapevate? Che effetto vi fa? Rimanete immuni o fosse solo il fastidio un po’ vi assale? Chi insegna in Sicilia ha la fortuna di averne tanti tra i banchi, di quei bimbi. 44 su 100. Fortuna terribile, certo, ma che blocca i pensieri e quelli di tanti miei colleghi qualche centimetro al di sopra delle mille misere considerazioni inutili che ci capita di leggere o sentire. Non vorrei ripetermi, ma poi qualcuno che non vede e non sa si chiede come mai i ragazzi siciliani siano ultimi nei test scolastici nazionali. Se ne vergognino. Ma sarebbe il meno, prima vengono vestiti e cibo.
Le oscure vie della coincidenza poi si accendono su una serie di dati diramati da diversi quotidiani proprio in questi giorni: gli stipendi e le pensioni da capogiro dei dipendenti di una pubblica amministrazione speciale, quella della Regione Siciliana. Dunque la mia stessa regione, quella dei 44 bambini su 100 sotto la soglia di povertà. Un stenografo dell’ARS, ad esempio, senza laurea, senza studi superiori, ha uno stipendio di poco superiore ai 6.000 euro, leggi 6.000 euro, e andrà in pensione con poco meno. Molto di più del quadruplo dello stipendio di un insegnante plurilaureato e precario. Molto ma molto di più del tutto del non stipendio da disoccupata della mamma di quello stesso bambino. Lacrime e sangue. Certo, è giusto. Lacrime e sangue dagli italiani per uscire dalla crisi. Ma è demagogia affermare che mi incazzo non poco, fatemi passare la scurrilità, nello scorrere le cifre del privilegio e quelle del destino infame? No, quel verbo non rende il senso di impotenza e di rabbia. Io quello infinito silenzio, le non risposte dei reponsabili e questa voce, quella di chi dice basta, vò comparando. E mi perdo. Ma il naufragare non è affatto dolce. Specie quando nessuno si mette in moto davvero, tra quei corridoi privilegiati, per combatterlo quel destino anzi. Non mi si venga a dire che non è vero. Perché persino la natura potrebbe ribellarsi, aprire una voragine nel terreno e inghiottirli tutti.
Esiste una morale cristiana, esiste una morale laica? Esiste per entrambe il dovere di essere “si si e no no” di fronte a certe abnormi vergogne e non, per motivi davvero miserabili, andare avanti a colpi di “forse” che a nulla portano? Esiste il dovere, morale e civile, di modulare le parole e calarle nel vero dei fatti dai discorsi tanto autorevoli quanto inespressivi nello sguardo di chi ascolta? Una di queste parole l’abbiamo sentita spesso in questi giorni: equità. Io aggiungo un numero. Una percentuale: 44 su 100. Non sono gatti in fila per tre col resto di due. Sono bambini poveri.
Mila
consiglio anche la lettura del suo libro "la scuola si è rotta-lettere di una professoressa" einaudi editore
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